Jean-Claude Richard de Saint-Non

“Voyage Pittoresque ou description des Royaume de Naples et de Sicilie”.
Paris, 1781-1786






"Ruines du Temple de Junon à Metaponte"
n. 334
Desineé par Despréz. Graveé à l'eauforte par Berteaux et termineé au burin par Guttemberg.







"Torre di Mare è un vecchio castello ad un miglio dal mare, al quale sono state aggiunte numerose altre costruzioni con i resti dell'antica città. Vi trovammo alcune iscrizioni, che ci sembrarono impossibili da decifrare e andammo a due miglia da lì a ricercare le rovine di un celebre tempio, ed alla fine ne trovammo uno, molto abbandonato, molto isolato, ma ancora abbastanza integro nonostante così antico. Si ha motivo di ritenere che questo tempio dovesse essere collocato fuori dalla città su un'altura, perchè lo distinguemmo da molto lontano, in una estesa pianura assolutamente spoglia e a due miglia dalla riva del mare.
E' evidente che questo tempio di stile antico dorico è stato costruito nello stile dei templi di Paestum, cioè, come quelli, con le colonne prive di basi, i capitelli perfettamente simili, così come le scanalature. Quanto ai materiali, in base al tipo di pietra adoperato per la costruzione di questo tempio, si può altresì constatare che si tratta di una specie di tufo, malgrado il suo grande degrado. Tale pietra era stata trasportata a Metaponto senza dubbio via mare, poichè non se ne vedono simili nè nel suo territorio nè nelle montagne circostanti che sono tutte di terra o rocce di quarzo.
Gli antichi preferivano questo tufo, una concrezione marina, a qualsiasi altra pietra, per la sua leggerezza, e per la possibilità di trasportarne grossi massi utili per le costruzioni; erano ricercate per via della insufficiente conoscenza di ciò che un tempo gli architetti chiamavano "apparecchiatura", branca dell'arte perfezionata in tempi moderni e sopratutto ai nostri giorni.
Restano ancora di questo tempio quindici colonne; dieci su un lato e cinque sull'altro unite da un architrave: poggiano ognuna su una grossa pietra che somiglia ad una base a dado quadrato, ma si può supporre che la base non sia soltanto una perchè sono state portate via le pietre che erano tra gli zoccoli delle colonne e che costituivano la base generale o una specie di stilobate su cui l'edificio poggiava. I gradini che, senza dubbio, cingevano questo tempio non esistono più.
Ogni colonna scanalata è composta di sette parti, ivi compreso il capitello di sedici piedi e un pollice di altezza e di tre piedi e cinque pollici e mezzo di diametro alla base. In mezzo, tra una colonna e l'altra, trovammo la distanza di otto piedi ed un pollice; e la larghezza interna del tempio, misurando dall'interno delle due fila di colonne, era di quarantadue piedi.
Il tempio non è integro, come si vede dai disegni che sono stati accuratamente fatti sul posto e l'area stessa, lo zoccolo su cui l'edificio era elevato, è in gran parte distrutta, ma giudicando da ciò che resta ancora, possiamo dargli la stessa forma e lo stesso numero di colonne che avevano quasi tutti i templi peripteri esastili dei Greci, dalle dimensioni perfettamente conformi a quanto di quello resta, doveva avere centoquindici piedi di lunghezza su cinquanta di larghezza.
Dopo aver misurato i resti di questo venerabile monumento, decidemmo di prendere diverse vedute da differenti prospettive; uno dei nostri disegnatori immaginò di rappresentare nel quadro che fece, una compagnia completa di viaggiatori e collezionisti di antichità stabilitisi nel mezzo del tempio, sotto ad una tenda alzata in fretta. E' il momento della pausa e l'istante in cui si fanno i preparativi per il pranzo, mentre gli architetti ed i disegnatori prendono le misure e lavorano ognuno per conto proprio. Il movimento, l'azione e l'atmosfera che pervade questi differenti gruppi di figure, ci è sembrato aggiungano interesse a questa graziosa veduta che, d'altronde, è davvero conforme alla realtà".

Da: Jean-Claude Richrad Abbé De Saint-Non: "Voyage pittoresque ou Description des Royannes de Naples et de Sicilie". Tomo III, pag. 53-55, Paris, 1781-1786




"Vue latérale du Temple de Métaponte"
N. 335
Desineé par Chastelet. Grave par De Ghendt







"Questa seconda piccola veduta, senza avere la stessa ricchezza, senza avere lo stesso interesse di quella di prima, ha il merito di evidenziare la solitudine e l'abbandono dell'area in cui è situato il monumneto, del tutto isolato e dimenticato in una pianura secca, arida dove si incontrano soltanto bufali e alcuni pastori che vi conducono il loro bestiame.
Si ritiene che questo tempio fosse stato costruito in onore di Giunone da Pitagora che, predicando il disprezzo per le ricchezze, persuase le donne di Metaponto a fondere i loro gioielli per innalzare questo edificio; ciò dimostrerebbe che Pitagora era sia oratore abile e eloquente che grande filosofo. Si dice che Pitagora, nativo di Crotone o, secondo altri scrittori di Samo, preferisse il soggiorno di Metaponto a quello della sua patria, e qui teneva una famosa scuola, e che vi morì in modo tragico, dopo avervi trascorso gran parte della vita. Questa fu anche, secondo quanto ritengono gli storici, la patria dei vecchi Nestore ed Epeo, a cui si attribuisce l'invenzione del famoso cavallo di legno, tanto funesto per i Troiani; il che riporta molto lontano l'origine di questa città".

Da: Jean-Claude Richrad Abbé De Saint-Non: "Voyage pittoresque ou Description des Royannes de Naples et de Sicilie". Tomo III, pag. 55-56, Paris, 1781-1786




"Marais formés par les eaux de la Mer où l'on pense que devait etre l'ancien Port de Métaponte"
N. 337
Dessineé par Despréz. Graveé par Quauvilliers.








"Scendemmo infine dalle parti del mare vicino ad una palude dove era l'antico porto di Metaponto che, secondo le apparenze, doveva essere separato dalla città; si dice da una strada simile alla via Appia che giungeva a Brindisi. Attraversando la città, vi si individuavano ancora i resti di questo antico selciato, ma allora era tutto coperto di sabbia trasportata dal vento.
Il porto di Metaponto, per quanto è possibile vedere, descriveva un grande ovale nel quale il mare entrava attraverso un largo canale di duecentocinquanta tese. Se ne può ancora individuare la forma, ma è totalmente colmo di sabbia. Il porto stesso resterebbe a secco se il mare, durante le burrasche, non vi riversasse o rinnovasse l'acqua ogni tanto. Si dice che d'estate, in periodo di siccità, vi si scorgano ancora alcune antiche costruzioni, come pure gli anelli dove s'attraccavano le navi. Ma quando vi giungemmo, l'acqua del mare ne aveva formato un lago o una palude, era popolato da una così grande quantità di beccaccini e di altri uccelli fluviali che, in un quarto d'ora, riuscimmo a fare provvisite di selvaggina per parecchi giorni.

Da: Jean-Claude Richrad Abbé De Saint-Non: "Voyage pittoresque ou Description des Royannes de Naples et de Sicilie". Tomo III, pag. 59-60, Paris, 1781-1786

METAPONTO